“Sotto la gran piova”, scrisse il Villani raccontando l’alluvione del 1333. Devastante come quella del 1966. Con una differenza: allora il più bel ponte della città, il Rubaconte, venne strappato via dalla forza dell’Arno. Sei secoli dopo, invece, il Ponte Vecchio, unico al mondo con le sue botteghe e l’irripetibile Corridoio Vasariano, riuscì a resistere alla violenza della corrente.
Chi vide la “gran piova”, ora la racconta attraverso gli occhi di tre straordinari testimoni: un ragazzo di 16 anni che non sapeva che cosa fosse una calamità naturale; Enrico Mattei, direttore de “La Nazione”, capace di scuotere i palazzi del potere con la sua straordinaria penna, costringendo Roma a rendersi finalmente conto di che cosa era successo a Firenze, correndo in soccorso della città; Piero Bargellini, il sindaco, che stava per essere messo in minoranza dal consiglio comunale, e che invece si fece carico di affrontare l’emergenza e di guidare la ricostruzione. Tre racconti, tre punti d’osservazione, tre stati d’animo diversi. Ma un unico denominatore: il cuore straziato dalla vicenda apocalittica che aveva devastato Firenze. E l’impegno, ognuno con le sue possibilità e il suo ruolo, per dare una speranza e una spinta positiva verso la rinascita. Ne è venuto fuori un racconto a sei mani e sei occhi. Unico, vero struggente. Con un filo conduttore e un ritratto: quello di una Firenze che non piange e reagisce. I testimoni protagonisti di questo racconto non fanno solo la storia, ma rivelano il segreto, o il miracolo, dei fiorentini nell’affrontare l’emergenza e superarla fino a far risorgere Firenze.