Conversazione (in)credibile tra Marsilio Ficino e un medico ai tempi del COVID 19

Ci troviamo a Villa Le Fontanelle, sulla collina di Careggi, la dimora appartenuta a Marsilio Ficino (1433-1499), protagonista di questo testo.

Careggi è oggi zona ospedaliera, ma, un tempo, era campagna medicea e, a Villa Le Fontanelle, che gli fu donata da Cosimo il Vecchio, Ficino fondò l’Accademia platonica, che divenne un importante cenacolo di artisti e intellettuali, e si dedicò alla traduzione dei codici platonici.

Qui lo abbiamo immaginato, nel tentativo di allontanarsi da una Firenze devastata dalla peste.
E contro la peste, Ficino pubblicò, nel 1481, il suo Consilio contro la pestilentia, scritto in volgare fiorentino tra il 1478 e il 1479, che divenne punto di riferimento per analoghe pubblicazioni successive.

L’opera di Ficino è intesa come strumento utile per capire, curare e prevenire la peste: l’Autore propone l’esame di teorie e pratiche mediche, validate dalla sua esperienza.
Secondo Ficino, la peste è un particolare veleno, avverso allo «spirito vitale», che ha origine nell’aria, in certe circostanze naturali, e si diffonde soprattutto tra le persone che assistono gli infermi e tra coloro che hanno natura simile, per complessione fisica e per caratteristiche astrologiche.

Propone, inoltre, alcuni suggerimenti per diminuire il rischio di contrarre la malattia.

Il dialogo tra il filosofo e una giovane dottoressa in Medicina dei nostri giorni propone il confronto tra due sistemi diversi di affrontare il rapporto tra salute e malattia, in un momento in cui l’ombra del contagio avvicinava l’uomo del Rinascimento ai nostri contemporanei: le stesse paure… analoghe misure di sicurezza… la ricerca di ogni mezzo per prevenire la trasmissione della malattia…